Gallipoli è conosciuta anche come la Rimini del Sud oppure la Ibiza italiana. Tanti i nomi che le sono stati affibbiati, tutti legati al turismo. Chi sceglie di non fermarsi all’apparenza e di conoscere la sua storia ne rimane affascinato, basta fare una passeggiata nei vicoli della città vecchia. Ad un certo punto ecco che appare una piccola porta che conduce ad un passato dorato come il colore dell’olio lampante oppure da lampada. Gallipoli era la capitale mondiale di questo tipo di olio e nella città sono stati ritrovati diversi frantoi ipogei. I giornalisti de La Stampa hanno visitato 2 dei 35 frantoi ipogei sotterranei, molti dei quali non sono ancora stati scoperti. Dovete sapere che le grandi città come Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo e Amsterdam si rifornivano di olio per illuminare le loro strade e hanno continuato sino alla fine del XIX secolo, quando è arrivata l’elettricità.
L’olio di Gallipoli famoso in tutto il mondo
Il prezzo dell’olio lampante veniva stabilito in base alle quotazioni salentine e pare che la Regina d’Inghilterra desiderasse solo quello di Gallipoli perché oltre ad essere il più efficiente era anche molto bello da guardare.
Il risultato della miscela dorata che tanto piaceva alla Regina era frutto di un processo di produzione molto articolato. Dopo la raccolta le olive venivano scaricate nel frantoio attraverso un foro, in questo modo il prodotto si manteneva ad una temperatura costante di circa 17° e le olive non ammuffivano come accadeva nei frantoi tradizionali posti in superficie dove gli sbalzi di temperatura le facevano marcire. Le olive rimanevano nelle sciaghe anche 20-30 giorni per far salire l’acidità, successivamente venivano molite per estrarre la pasta di olive chiamata “mamma” che veniva inserita nei discoli. Il liquido spremuto veniva raccolto nel pozzo dell’angelo ed era composto da olio e acqua di decantazione, essendo di diversa densità si separavano e quello che rimaneva in superficie raccolto con un piatto di rame. Dopo questa prima spremitura ne seguivano altre due, l’acqua che avanzava finiva nel pozzo della sentina e veniva spedita a Marsiglia per produrre il sapone. L’olio ricavato invece veniva versato nelle Pile Pegie prima di essere caricato sulle navi e trasportato in tutto il mondo.
Il mondo sotterraneo dei frantoi ipogei racconta la vita contadina di un tempo, sono diversi i percorsi turistici che si dislocano in queste grotte ricavate da granai di epoca messapica e cripte bizantine. Lavorare nel frantoio ipogeo era un’attività ben retribuita e molto ambita anche se pericolosa: operai e animali stavano insieme tutto il giorno in ambienti umidi e poveri di ossigeno. La stagione del frantoio iniziava ad ottobre e finiva a marzo. L’unico passatempo era fumare la pipa, e spesso gli operai le riempivano con oppio per sopportare il duro lavoro.